RECENSIONE: “Soldi, pupe e foche morte”, di Simone Monaco.

Essere un’autodidatta è un arma a doppio taglio: intraprendere una carriera o un percorso artistico senza conoscerne le basi e le regole non permette all’autore di essere consapevole di ciò che fa e gli nega molte possibili evoluzioni, limitandolo al ruolo di “imitatore” (spesso di scarso valore e superficiale) del lavoro degli altri. Esistono però dei casi limite, pochi artisti geniali che pur non conoscendo le regole riescono a intuirle da soli, a svilupparle, e in alcuni casi a produrre opere migliori di quelle fatte da chi invece le rispetta alla perfezione: la mancata aderenza a tecniche, stili e  (spesso) luoghi comuni li rende innovatori, scopritori di nuove vie.

Punto di incontro tra questi due poli opposti sono i tanti, tantissimi nuovi autori che pur avendo solo alcune, poche o nessuna conoscenza specifica si sforzano di mettere in piedi un prodotto dignitoso, lottando a volte contro il poco tempo e la poca preparazione, facendo di necessità virtù e riuscendo a raggiungere risultati molto buoni. Creando, in effetti, una “terza via” che è troppo presto per vedere dove porterà, che potrebbe essere vantaggiosa oppure un percorso verso il nulla, ma che indubitabilmente esiste, qui e ora.

Soldi, Pupe e Foche Morte, fumetto “giallo/noir” di Simone Monaco – autodidatta per sua stessa ammissione – si pone più o meno in questo “punto di incontro”, rivolto però verso l’eccellenza piuttosto che l’amatorialità. Se è vero infatti che nel suo lavoro ci sono dei grossi punti mancanti (primo tra tutti la rappresentazione grafica dei personaggi, sui quali ci sarebbe molto da lavorare, e la grande staticità delle pagine) è altrettanto vero che la composizione della tavola, l’uso sapiente del colore che arricchisce le immagini, l’integrazione del disegno col testo, e infine il testo stesso, sotto molti punti di vista sono davvero buoni, personali e interessanti. Di quelli che fanno di necessità virtù, facendo passare sottobanco le incertezze che il suo autore – pur essendo molto dotato come illustratore – ha nel campo del fumetto vero e proprio.

SPFM è un giallo d’impianto classico con ambientazione irlandese/francese anni ’60/’70, e mi ha fatto venire in mente sia i romanzi di Simenon che quei vecchi film in bianco e nero che di tanto in tanto si vedono in televisione. Questa reminiscenza oltre che per i temi è evocata anche dalla narrazione, affidata spesso a didascalie e a inserti di testo così efficaci da risultare uno dei punti forti dell’opera. SPFM infatti è immediatamente riconoscibile , oltre che per lo stile stranamente cartoonesco, per le atmosfere ben evocate, e convince soprattutto grazie alla narrazione portata in primo piano, con i disegni in un ruolo di supporto. Anzi, dirò di più: ho trovato molti più contenuti e solidità in questo fumetto dai disegni tentennanti che in molti webcomics dal disegno ROBOANTE e MEGAGALATTICO… che però da dire hanno poco o nulla.
Un lato negativo? Il fatto che in questo caso ciò che si ottiene non è vero e proprio fumetto ma quasi un “racconto MOLTO illustrato”; e questo è un elemento che può davvero fare la differenza, e che non si può “nascondere”, soprattutto davanti a un editore.

Comunque: valido, come dicevo sopra, anche l’uso che viene fatto del disegno: ben sapendo l’autore di non potersi permettere chissà quali “effetti speciali grafici”, ha deciso di ovviare a queste mancanze rendendo le vignette il più possibile descrittive senza essere didascaliche, usandole con criterio per inserire elementi che rafforzino il narrato senza risultarne blande ripetizioni, e riuscendo a renderle piacevoli a vedersi sia dove sono più iconiche (l’inquadratura di un’auto, di un orologio, uno sguardo, una tasca, un sorriso, una tazza di caffè fumante) sia dove si aprono in paesaggi cittadini o di campagna, per nulla mancanti in quanto a comunicazione.

La storia, narrata in prima persona dal protagonista che indaga sulla morte di un collega poliziotto, è chiara, facile da seguire, densa e interessante, e riesce benissimo nel compito di intrattenere il lettore; ed è proprio per questa sua validità che non ho dubbi quando dico che SFPM – pur con tutti i suoi limiti – è un tentativo riuscito; e non solo: nonostante tutto ha qualche lezione da insegnare riguardo solidità di contenuti e composizione.

Per cui non posso che consigliare questo fumetto agli amanti della bella narrazione, dei gialli, e a chi non fonda la bellezza di un fumetto solo sulla potenza del disegno (potenza che può a volte risultare vuota, superficiale apparenza). A tutti loro, senza alcun dubbio, va oggi il mio invito a seguire Soldi, Pupe e Foche Morte, leggibile sul suo blog personale, e cioè QUI.

Cristiano Fighera, aka Le110Pillole

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